Elenco blog personale

giovedì 22 novembre 2012

Il peso dell'ombra


Ho avuto modo di ascoltare una conferenza molto interessante tenuta da Gabriella D’Albertas sull’ombra e l'importanza di integrarla.
La relatrice affermava  che ognuno di noi è seguito da un’ombra ,  la quale è una specie di sacco nero pieno dei condizionamenti familiari e culturali, di convinzioni indotte, paure di inadeguatezza, convinzioni inconsce.
E’ tutto ciò che abbiamo considerato inadeguato, ciò di cui ci vergogniamo, ciò che già dalla prima infanzia ci è stato detto che non va bene di noi, che dobbiamo cambiare.
Ciò che è fuori dal sacco è la maschera, ciò che riteniamo socialmente accettabile.
Ognuno di noi, in maniera più o meno consapevole, vive nel conflitto tra ciò che è e ciò che crede di dover essere, tra ciò che mostriamo di noi e ciò che noi sappiamo essere dietro la maschera.
Questo conflitto sottrae molte energie; la relatrice diceva che è un po'come la fatica di tenere sotto il livello dell’acqua dei palloncini che tendono a voler venire in superficie: appena siamo un po’ più stressati salta fuori un palloncino e l' immagine che volevo mostrare viene compromessa.
Il rimedio è imparare ad integrare l’ombra, accettarla, rendersi conto che tutti nel sacco hanno più o meno le stesse cose, paure, incertezze, debolezze, voglia di essere diversi. 
Come facciamo a capire quale sia il contenuto del nostro sacco? Intanto notare quando siamo più reattivi; quando riceviamo un appunto, una critica a cui reagiamo in modo esagerato.
Oppure rendersi conto che spesso proiettiamo sugli altri un nostro disagio, odiamo negli altri aspetti di noi che non possiamo accettare (ad esempio odiare i deboli quando ho una maschera di forza che nasconde qualche fragilità che proprio tutti hanno, oppure chi non sopporta le persone aggressive perché ha paura di esprimere la propria rabbia).
 In genere in questi casi è l’emotività con cui il giudizio viene espresso, il senso di disprezzo che fa riconoscere la proiezione.
Jung diceva che tutto ciò che negli altri ci irrita può portare ad una migliore comprensione di noi stessi. Ad esempio odiare le persone arroganti perché non riusciamo a ribattere all’arroganza.
Trovare questi aspetti ce ne libera, accettare e rielaborare  quella parte di me, riconoscerne i meccanismi guarisce e non mi fa più soffrire.
Inoltre affermava che siamo tutti espressione di un’ombra collettiva e noi con la nostra ombra nutriamo quella collettiva. La fisica quantistica ci insegna che partendo dal noi stessi possiamo fare molto anche per la collettività. Lavorare in noi stessi, guardare in noi stessi con amore e comprensione può fare moltissimo anche per il mondo in cui viviamo.
Recuperare l’ombra è fonte di energia, talento, libertà. Per essere libero devo accettare insomma ogni parte di me.
Anche da questo punto di vista, dunque, la consapevolezza e l'accettazione sono i principi basilari per una vita vissuta pienamente e  in armonia.

http://www.gabrielladalbertas.it

domenica 11 novembre 2012

In cammino


Il cammino verso la  consapevolezza è un viaggio che dura tutta la vita, un viaggio alla ricerca di sé stessi.
E’ un cammino che si svolge ad occhi aperti, nel momento presente. 
Bisogna fare attenzione a non farsi  intrappolare nel tempo e vivere nel ricordo e nell’anticipazione, ma rimanere nel presente, quando  passato e futuro non sono necessari.
Ognuno deve trovare il proprio percorso, in cui si  incontreranno anche molti ostacoli che ci faranno proseguire più forti.
Non è solo  un cammino intellettuale, ma soprattutto di pratica.
Pratica di presenza, di osservazione, per permettere  alla mente di essere come è senza farsi intrappolare dai suoi condizionamenti.
Non è  il cammino della competizione  e del vincere, ma piuttosto quello dell’agire partendo dall’accettazione e dalla pace.
Mi piace pensare alla vita che scorre lungo il Tao, la Via della filosofia cinese, il flusso che unisce ogni cosa, la Via nella quale procede tutto ciò che esiste nell'universo, il movimento e mutamento incessante del mondo, per essere  in armonia con le cose come sono.

sabato 6 ottobre 2012

La meditazione dei sassolini

Riporto qui una bellissima meditazione proposta dal maestro Thick Nath Han, che ho ascoltato a Sacrofano durante il ritiro offerto dalla comunità di Plumvillage. Era rivolta a tutti, ma in particolare ai bambini che  erano presenti in quel momento.
Thay ha detto di fare una passeggiata e raccogliere quattro sassolini, di metterli in un sacchetto e tenerli sempre in tasca.
Il primo sassolino rappresenterà il fiore. Lo metto sulla mano sinistra e dirò: Inspirando vedo me stesso ed il mio corpo come un fiore; Espirando mi sento fresco come un fiore”, per tre volte.
Attraverso la freschezza del fiore, diventiamo più freschi e più belli anche noi. Chi soffre ed è triste perde molto della propria freschezza, in questo modo sarà più facile recuperarla.
Il secondo sassolino rappresenta la montagna. Quindi dico: Inspirando mi vedo come una montagna” “Espirando mi sento solido” per tre volte.
La montagna rappresenta la stabilità, la solidità. Chi è agitato non può essere felice, continui alti e bassi rendono instabili, la rabbia, la paura non possono trascinarmi via, perché sono stabile come una montagna e offro stabilità a chi mi sta intorno.
Il terzo sassolino è l'acqua calma di un lago di montagna. Lo metto nella mano e dico:Inspirando mi vedo come acqua tranquilla; espirando rifletto le cose come sono veramente”.L'acqua, quando è calma, riflette tutto come è, quando è agitata riflette in maniera distorta, e così succede anche nella nostra mente. Quando siamo arrabbiati o agitati non vediamo le cose con chiarezza.
Il quarto sassolino  è lo spazio, lo spazio in cui muoversi liberamente, è la libertà.Inspirando vedo me stesso come un vasto spazio; espirando mi sento libero”. Se non siamo liberi non siamo felici, dice TNH, anche amare vuole dire lasciare che gli altri si muovano liberamente, altrimenti l'amore diventa una gabbia in cui siamo rinchiusi. In una casa piena di mobili non ci possiamo muovere liberamente, se siamo pieni di rabbia o di preoccupazioni, non siamo liberi, siamo in una prigione.

Ovviamente possiamo fare questo esercizio quando ci troviamo di fronte ad una vero fiore, alla montagna, ad un calmo specchio d'acqua, ad un vasto spazio, ma è bello sapere di poterli avere con noi in qualunque momento.


venerdì 14 settembre 2012

Affidarsi alla guida interiore



Se è vero che la Divinità è dentro di noi, allora possiamo affidarci ad essa, ascoltare la nostra Guida interiore  per trovare soluzioni ai nostri problemi, per superare gli ostacoli che troviamo sul nostro cammino. Dobbiamo però sviluppare  la capacità di ascoltare, di osservare e accogliere  i nostri pensieri, accettare il problema senza pregiudizi e non cercare di evitarlo, eliminando quindi ogni resistenza, e poi attendere la risposta con atteggiamento di grande attenzione e apertura mentale, pronti all’ascolto e nel desiderio di trovare una risposta. 
La risposta può arrivare i tanti modi e forme, dalle persone che incontriamo, da una frase del verduriere, da qualche parola ascoltata per caso, da una lettura, da una canzone, tutti  segnali indicatori che ci indicano il cammino. E allora possono avvenire quelle che chiamiamo coincidenze, sincronicità. 
Inoltre dobbiamo desiderare realmente la risposta, consapevoli che questa arriverà sempre se rimaniamo “in ascolto” con fiducia. 
Possiamo capire quando la risposta è arrivata e l’abbiamo percepita quando proviamo una sensazione di armonia, di qualcosa che avevamo la sensazione di sapere già e che viene messa a fuoco, che ci porta rassicurazione, pace e sostegno. 
Se invece proviamo ancora una sensazione di fretta o di  ansia dobbiamo prolungare l’ascolto e attendere altri messaggi. Se non siamo certi di aver trovato la risposta giusta, la possiamo anche scrivere e attendere ulteriori conferme. 
Imparare ad ascoltare la nostra Guida interiore è il modo per riuscire a vivere in armonia e in equilibrio.

Fonti: lezioni di psicologia quantistica di Enrico Bondi

giovedì 22 marzo 2012

La divinità che è dentro di noi

Negli insegnamenti del maestro Linji, spesso vi è il messaggio che dobbiamo avere fiducia in noi stessi, che quando cerchiamo delle risposte, le dovremmo cercare in noi stessi perché l’essenza del Buddha, della divinità, esiste anche in noi. 
Se siamo soprattutto interessati alle parole e alle idee, queste possono diventare un ostacolo per la nostra libertà. Tutto ciò che impariamo o ascoltiamo dovrebbero riportarci a noi stessi, “alla nostra capacità di essere liberi, felici e solidi”. 
Dobbiamo fare in modo che cresca sempre di più la fiducia nella nostra capacità di essere felici e illuminati. Linji diceva che il Buddha, nel momento in cui i discepoli stavano ascoltando, era con loro, era dentro di loro. Buddha, Dio, lo Spirito universale, è dentro di noi, in questo preciso momento. Se perdiamo il momento presente, non possiamo entrare in contatto con la divinità che c’è in noi, comunque la chiamiamo. 
T.N.H. ci dice che tutto ciò che dobbiamo fare è ascoltare una campana di consapevolezza che ci riconduca al presente, lasciare andare ogni pensiero, concentrarsi sul respiro e così entrare in contatto con spazio e tempo senza limiti, con passato,  presente e futuro. 
In ogni momento della giornata, ogni cosa che facciamo, guardare, mangiare, toccare, abbiamo bisogno di farla in consapevolezza. Non abbiamo nient’altro da fare, così diventiamo quella che il maestro Linji chiama una “persona senza impegni”.
Ho trovato una bella leggenda indù che si riferisce proprio a  questo argomento.  Racconta che vi fu un tempo in cui tutti gli uomini erano Dei. Essi però abusarono talmente della loro divinità, che Brahma  – signore degli dei – decise di privarli del potere divino e di nasconderlo in un posto dove fosse impossibile trovarlo.
Il grande problema fu quello di trovare un nascondiglio. Quando gli dei minori furono riuniti a consiglio per risolvere questo dilemma, essi proposero la cosa seguente: “seppelliamo la divinità dell’uomo nella Terra”. Brahma tuttavia rispose: “No, non basta. Perché l’uomo scaverà e la ritroverà”. Gli dei, allora, replicarono: “In tal caso, gettiamo la divinità nel più profondo degli Oceani”. E di nuovo Brahma rispose: “No, perché prima o poi l’uomo esplorerà le cavità di tutti gli Oceani, e sicuramente un giorno la ritroverà e la riporterà in superficie”. Gli dei minori conclusero allora: “Non sappiamo dove nasconderla, perché non sembra esistere – sulla terra o in mare – luogo alcuno che l’uomo non possa una volta raggiungere”.
E fu così che Brahma disse: “Ecco ciò che faremo della divinità dell’uomo: la nasconderemo nel suo Io più profondo e segreto , perché è il solo posto dove non gli verrà mai in mente di cercarla”.
A partire da quel tempo, conclude la leggenda, l’uomo ha compiuto il periplo della terra, ha esplorato, scalato montagne,scavato la terra e si è immerso nei mari alla ricerca di qualcosa che si trova dentro di lui. (da questo link)

lunedì 5 marzo 2012

L'importanza della connessione

Molti studi hanno documentato l’importanza di soddisfare il bisogno di connessione con altri esseri umani. Affetto e carezze hanno un effetto benefico sia sulla salute delle persone che degli animali. 
Il contatto fisico è infatti uno dei modi fondamentali per rapportarsi con gli altri. La stretta di mano, l’abbraccio, sono gesti che manifestano l’essere in relazione con l’altro. 
Se sono compiuti in consapevolezza, diventano modi  per trasmettere i nostri sentimenti. Se il gesto invece viene compiuto meccanicamente, può generare senso di frustrazione e fastidio. 
Sembra che le esperienze infantili di connessione abbiano molta importanza sulla salute da adulti. Anche durante il processo di crescita e di separazione graduale dalla madre, l’essere umano ha bisogno di sentirsi parte di una rete di relazioni, di vivere nell’interdipendenza. 
L’energia che alimenta  la connessione è l’amore. Per sviluppare la nostra capacità di amare è necessario essere consapevoli delle nostre emozioni, osservarle senza giudizi. 
Anche la connessione con il proprio organismo è molto importante, con il nostro corpo e i nostri pensieri. Se prestiamo attenzione, possiamo individuare correttamente i segnali del nostro corpo  e adattare i nostri comportamenti per mantenere l’equilibrio che ci fa mantenere in salute. 
Con le pratiche di consapevolezza si intensifica la connessione con l’organismo. Attraverso la meditazione, lo yoga, in generale il rallentamento dei ritmi di vita e l’osservazione, siamo in grado di affrontare meglio gli ostacoli e le sfide che inevitabilmente si incontrano nel corso della vita.

lunedì 20 febbraio 2012

Accettare "ciò che è"

Si creano, a volte, situazioni che provocano una forte risposta emotiva, ad esempio, quando le cose non vanno come avevamo previsto o il nostro ego, la nostra immagine si sente minacciata.
In questi casi tendiamo a diventare quella emozione.
Identificarsi con l'emozione, con la mente, la rafforza, mentre osservare quello che sta accadendo, le toglie  energia e porta alla presenza.
Possiamo provare a fare una distinzione tra problema e situazione di vita da affrontare.
Il problema fa riferimento al tempo psicologico, a ciò che è avvenuto prima, al senso di inadeguatezza o di colpa, e a ciò che dovrebbe avvenire nel futuro, alle aspettative. Tendiamo ad identificarci con il problema, anzi succede che  i problemi e la sofferenza che ne deriva, definiscano la identità della persona e sia difficile separarsene.
Identificando la situazione di vita, percepiamo con più chiarezza che si tratta qualcosa di esterno che può essere osservato e affrontato.
La soluzione sta probabilmente nel situarsi proprio al centro tra passato e futuro, in quella presenza che consente ad ogni cosa di essere così com'è (ma che è così anche se non vorremmo!), dentro e fuori di noi.
Il presente è il luogo in cui osservare, prendersi tempo, accettare la situazione finchè non cambierà o possa essere affrontata.
In una circostanza di vera emergenza, la mente si ferma, si diventa completamente presenti, e prende il sopravvento qualcosa di molto più efficace. E' ciò che succede alle persone che fanno attività o sport estremi,  in cui si cerca una sapienza profonda e istintiva che muove il corpo, più veloce dei ragionamenti della mente.
Così quando abbiamo una situazione da affrontare adesso, l'azione sarà più chiara e efficace se nasce dalla consapevolezza del presente, che siamo qui e questo è.
La risposta potrà essere più incisiva se cerchiamo di fermare i troppi ragionamenti; è meglio attendere la soluzione nella calma, nell'osservazione senza giudizio di ciò che è, nell'intuito che in questo modo viene attivato.


Bibliografia: E. Tolle. J. Kabat-Zinn

mercoledì 8 febbraio 2012

Pregare per chiedere

"La preghiera non è un ozioso passatempo per vecchie signore. Propriamente compresa e applicata, è lo strumento d'azione più potente". Così diceva Gandhi.
 In generale, nella società in cui viviamo, abbiamo perso l'abitudine di rivolgerci a qualche entità sacra per chiedere aiuto per noi stessi o per altri, per farci guidare, o se lo facciamo, è per lo più una forma di superstizione e di sfogo, non ci crediamo veramente.
Man mano che si ridiventa consapevoli che possano esistere dimensioni diverse da quella fisica, recuperiamo il senso del chiedere, della preghiera personale.
Gesù diceva "Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Tutti coloro che cercano, troveranno. A tutti coloro che bussano verrà aperto."
Nel Vangelo di Matteo si dice che “se la tua fede è forte, puoi muovere una montagna”.
Thich Nhat. Hanh ci spiega che il Buddha ha insegnato che tutto è impermanente e che quindi tutto può cambiare, che ogni cosa segue la legge di causa ed effetto, perciò se si crea una nuova energia, quale quella della preghiera, si può dare inizio ad un nuovo stadio di vita. Che la stretta interconnessione tra creatore e creato fa sì che quella che si può chiamare “volontà di Dio” sia collegata alla nostra volontà e ci permette di modificare le azioni passate.
 T.N.H.  ci dice anche che possiamo renderci conto che siamo fatti della stessa sostanza di amore, consapevolezza e comprensione di tutti i grandi esseri. Che Dio e noi siamo della stessa sostanza.
Che quando il nostro cuore è pieno d’amore, generiamo più amore, pace e gioia nel mondo.
Che non basta però pregare con la bocca e con i pensieri, ma lo dobbiamo fare con il corpo, con la parola, con la mente e con la vita di tutti i giorni. E nel momento presente.

venerdì 20 gennaio 2012

Non identificarsi con il dolore



E. Tolle sostiene che la maggior parte del dolore umano è superflua.
Se proviamo a rifletterci, ci accorgiamo che, anche se non viviamo situazioni con gravi problemi, ciò che ci rende difficile la vita, è quella serie di emozioni negative che derivano dai tanti piccoli conflitti, dallo stress alla guida dell'auto, alle ripicche nei rapporti tra colleghi, dalle frustrazioni nei rapporti con i superiori, alle tensioni con i familiari.
Qualunque rapporto interpersonale può essere fonte di conflitto, nervosismo e, in definitiva, di dolore emozionale.
Se siamo identificati con l'ego, che è vulnerabile e insicuro, e si sente continuamente minacciato, l'emozione che ci dominerà sarà la paura.
Paura non come reazione di buon senso di fronte ad una situazione reale di pericolo, ma la paura psicologica di perdita, di fallimento, di inadeguatezza, di essere offesi.
Se il senso del sè si identifica con l'ego, si deve continuamente lottare per difendersi.
Se non ci si identifica con la mente, si può affermare ciò di cui si è convinti, ma avere torto o ragione non fa differenza per il nostro senso del sè.
Attraverso la consapevolezza, lo schema creato dall’ego svanisce, ponendo fine ai litigi e giochi di potere che sono così dannosi per i rapporti personali.
Ma come fare praticamente? Si tratta di focalizzare l'attenzione sulla sensazione dentro di noi, ad esempio la collera, riconoscere l'emozione ed accettarne la presenza. Non farla diventare pensiero, non giudicare e analizzare. Essere solo presenti e osservare ciò che succede. Essere consapevoli dell'emozione e anche dell'osservatore, di colui che osserva, creando una presenza consapevole. L’emozione che ci disturba, che ci fa stare male, non scomparirà immediatamente, ma perderà rapidamente la sua energia.
Quando saremo più calmi e lucidi, potremo ragionare su quanto è successo, ma spesso ci accorgeremo che non ne vale neanche la pena.
Per non creare dolore per sé e per gli altri, è necessario rimanere il più a lungo possibile nel presente, e andare nel passato o nel futuro solo quando è indispensabile per affrontare aspetti pratici della vita.
E’ necessario consentire al presente di esistere, vedere cosa succede o reagire, se questo è possibile; prima osservare, accettare, e poi agire.
Tolle ci dice che il dolore si accumula nel tempo e forma un campo di energia negativa che occupa il corpo e la mente. Si può considerare come un’entità, che chiama “corpo di dolore”.
A volte è latente e si presenta ogni tanto, a volte può essere sempre attivo e molto distruttivo.
L’importante è sapere  che la presenza mentale, la consapevolezza, interrompe l’identificazione con il corpo di dolore. Quando lo si osserva e si accetta come parte di ciò che esiste in quel momento, perde energia e tende man mano a scomparire.

Bibliografia: E. Tolle, Il potere di Adesso

lunedì 16 gennaio 2012

Parliamo di meditazione

Meditazione è una parola che  spesso associamo a qualche tipo di irraggiungibile esperienza estatica e mistica orientale, mentre si tratta, nelle forme più semplici, di una pratica alla portata di tutti e che si può esercitare in qualunque momento della giornata.
Intanto, per la mia mente occidentale, che ha bisogno di dati sperimentali, è importante rilevare che sono stati eseguiti numerosi studi pubblicati su autorevoli riviste scientifiche, i quali  hanno dimostrato che la meditazione ha un'influenza molto positiva sulle condizioni di vita di chi la pratica regolarmente: i sintomi della depressione si attenuano, il sistema immunitario si rinforza, si abbassano i livelli di rabbia, ansia e di affaticamento da stress.
Allora, per capire cosa sia la meditazione, iniziamo dalla constatazione che tutti i giorni abbiamo sempre qualcosa di urgente da fare, ma raramente invece riusciamo ad essere in contatto con "colui che agisce", con la sfera della consapevolezza del Sè.
La meditazione è proprio questo: una pratica che arresta la corrente del fare per entrare in uno spazio di non-fare, per approfondire attenzione e consapevolezza, per essere presenti e ascoltare sè stessi; in questo modo si creerà una pace interiore e una chiarezza che poi si riverserà in tutto ciò che facciamo.
Non è indispensabile dedicare molto tempo a questa pratica, specialmente alla meditazione formale, perchè vi sono molti modi per praticare la consapevolezza durante tutta la giornata.
E' utile però riuscire a ritagliarsi un piccolo spazio di tempo da dedicare proprio al non-fare; bastano anche 10/15 minuti. La mia maestra Carla dice che sono 10 minuti che possono cambiare la vita, ed io penso che abbia assolutamente ragione.
La base della pratica della meditazione è la meditazione seduta.
Ci si siede in un luogo tranquillo,  a terra a gambe incrociate o su una sedia, con la schiena diritta allineata a capo e collo, le spalle rilassate, gli occhi chiusi o socchiusi, il dorso della  mano destra appoggiata sul palmo della sinistra. La posizione aiuta a coltivare un atteggiamento interno di dignità, pazienza e auto-accettazione.
Dopo aver scelto la posizione, si porta l'attenzione al respiro, che è la corda alla quale ci teniamo per restare presenti.
Dopo qualche minuto è possibile che si cominci a diventare un po' irrequieti, viene voglia di fare qualcosa. A questo punto diventa importante l'osservazione. Se la mente è irrequieta, anche il corpo diventa irrequieto.
Ci limitiamo ad osservare l'impulso a ad alzarci o cercare qualcosa da fare, o dei pensieri che inevitabilmente si presentano,e torniamo alla percezione del respiro che entra e che esce. Ogni volta che ci distraiamo, lo notiamo e riaccompagnamo con gentilezza l'attenzione al movimento del respiro.
In questo modo la mente si allena ad essere più stabile e meno reattiva e si dà valore ad ogni istante. Si coltiva così la capacità di concentrazione e si pratica la pazienza e il non-giudizio.
In fondo è tutto qui, ma c'è ancora molto da dire e sicuramente ne parlerò in qualche altro post. Intanto, buona meditazione a tutti!

bibliografia: J Kabat-Zinn, Carla Perotti

giovedì 12 gennaio 2012

Essere testimoni del pensiero

E. Tolle ci dice che spesso ci identifichiamo con la nostra mente. C'è un incessante rumore mentale che ci impedisce di trovare quella quiete interiore che è inseparabile dall'Essere.
Ma cosa intende per Essere? Dice che la parola Essere è un tentativo di definire la Vita che va al di là delle forme di vita soggette a nascita e morte, è la nostra vera natura che non si può afferrare con la mente, ma si può solo percepire nel momento presente quando la mente è tranquilla.
L'identificazione con la mente crea separazione attraverso le etichette, i giudizi, le definizioni.
La mente è naturalmente uno strumento straordinario, ma come strumento va utilizzata per risolvere i problemi pratici di tutti i giorni, purchè sia sotto il nostro controllo.
Se osserviamo il pensiero, non ci identifichiamo, comprendiamo che c'è un'intelligenza che va oltre e che ad esempio, la bellezza, la creatività, nascono al di là della mente.
In questo modo acquisiamo la consapevolezza che noi siamo i testimoni del pensiero.
Quando plachiamo il flusso  della mente, sentiamo un senso di pace, e siamo più vigili e attenti.
Per disidentificarsi dalla mente, oltre ad essere osservatori del pensiero,si può rivolgere l'attenzione al momento presente. Ad esempio fare attenzione ad ogni passo quando si cammina, ai gesti mentre si apre una porta, o o ascoltare il respiro che va e che viene. Essere totalmente presenti ad ogni gesto che si compie.
Se ci facciamo caso, la maggior parte dei nostri pensieri non sono funzionali ad un compito specifico, ma un continuo rimuginare su eventi passati o in proiezioni nel futuro, su condizionamenti che costituiscono quel "sè fantasma" che Tolle chiama ego.
Se il pensiero non è consapevole, può essere distruttivo, può causare gravi perdite di energia vitale.
La mente serve per raccogliere e analizzare informazioni, ma non è nella mente che risiede la creatività e l'intuizione. L'arte deriva dalla quiete interiore, da una dimensione che va al di là del pensiero, ma se la mente si mette al servizio di ciò che vi è al di là di essa, può essere uno strumento meraviglioso.
In effetti, ad esempio,  se osserviamo un quadro, può essere utile conoscere chi lo ha dipinto e quando o avere altre notizie, ma è cercare di percepire al di là del pensiero l'intuizione che il pittore ha colto ed è riuscito  a fissare sulla tela che ci emoziona e ci fa apprezzare veramente il quadro.
Nel punto di incontro tra la mente e il corpo nasce l'emozione. Ma di questo parleremo prossimamente.

martedì 3 gennaio 2012

La fisica quantistica e la realtà quotidiana

Bohm e Krishnamurti
In conseguenza alle teorie della fisica quantistica, si può affermare che il terapeuta e il paziente siano in entanglement, in connessione, e che il successo di una terapia sia legato al concetto di possibilità e probabilità, rispetto ai vari livelli possibili in sovrapposizione.
Si può fare l'esempio dell'effetto placebo: in caso di mal di testa un bicchiere d'acqua, caricato delle informazioni utili, può far diminuire il dolore. In questo caso il messaggio delle molecole dell'acqua, che si legano a livello ematico ed entrano nel mondo quantistico, è arrivato. Il dolore potrebbe rimanere invariato o aumentare, altre possibilità in sovrapposizione: in questo caso è arrivata qualche altra informazione,forse dal mondo inconscio.
Per dare informazioni ad elementi fisici è necessario conoscere le tecniche per farlo, bisogna entrare in uno stato di coscienza particolare.
Il fisico David Bohm dà un'interpretazione diversa, rispetto a quella delle sovrapposizioni: sostiene che l'equazione della funzione d'onda non lavora sulle possibilità, ma c'è qualcosa di superiore, al di fuori dello spazio/tempo, un'onda pilota, che decide che cosa deve avvenire e che ad un certo punto entra nella dimensione spazio/temporale.
Sostiene che esiste un mondo implicito che non vediamo e che paragona ad un ologramma nel quale l'intera struttura è contenuta in ogni singola parte.
Rispetto all'esperimento di Aspect, disse che i legami tra le particelle sono dovuti all'appartenenza ad un ordine in cui ogni cosa non è separata dalle altre. Affermo' che "..noi dobbiamo imparare ad osservare qualsiasi cosa come parte di una indivisa interezza", che riporta direttamente al concetto filosofico e religioso di Uno.
I rapporti della fisica con la metafisica e l'ontologia sono sempre più evidenti, e la medicina potrà utilizzare le teorie enunciate e dimostrate empiricamente.
Nella sostanza , tutte queste teorie un po' confusamente elencate, ci dicono che:
-la realtà dipende sia dall'osservatore che dall'osservato;
-la coscienza e il pensiero, la volontà dell'osservatore influenzano la realtà, e riuscire ad avere le conoscenze per farlo in maniera consapevole può portare a creare la realtà come la desideriamo;
-oltre a ciò che ci appare evidente, dobbiamo ricordare che esiste un mondo di energie sottili invisibili;
-che la realtà è costituita da una rete di energie che interagiscono tra loro e che partecipano a creare le esperienze;
- in questa prospettiva, ciò che chiamiamo miracoli, o semplicemente gli eventi ritenuti inspiegabili, trovano una loro collocazione.
E vi sono tante altre implicazioni possibili che vedremo più avanti.
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...