Elenco blog personale

lunedì 20 febbraio 2012

Accettare "ciò che è"

Si creano, a volte, situazioni che provocano una forte risposta emotiva, ad esempio, quando le cose non vanno come avevamo previsto o il nostro ego, la nostra immagine si sente minacciata.
In questi casi tendiamo a diventare quella emozione.
Identificarsi con l'emozione, con la mente, la rafforza, mentre osservare quello che sta accadendo, le toglie  energia e porta alla presenza.
Possiamo provare a fare una distinzione tra problema e situazione di vita da affrontare.
Il problema fa riferimento al tempo psicologico, a ciò che è avvenuto prima, al senso di inadeguatezza o di colpa, e a ciò che dovrebbe avvenire nel futuro, alle aspettative. Tendiamo ad identificarci con il problema, anzi succede che  i problemi e la sofferenza che ne deriva, definiscano la identità della persona e sia difficile separarsene.
Identificando la situazione di vita, percepiamo con più chiarezza che si tratta qualcosa di esterno che può essere osservato e affrontato.
La soluzione sta probabilmente nel situarsi proprio al centro tra passato e futuro, in quella presenza che consente ad ogni cosa di essere così com'è (ma che è così anche se non vorremmo!), dentro e fuori di noi.
Il presente è il luogo in cui osservare, prendersi tempo, accettare la situazione finchè non cambierà o possa essere affrontata.
In una circostanza di vera emergenza, la mente si ferma, si diventa completamente presenti, e prende il sopravvento qualcosa di molto più efficace. E' ciò che succede alle persone che fanno attività o sport estremi,  in cui si cerca una sapienza profonda e istintiva che muove il corpo, più veloce dei ragionamenti della mente.
Così quando abbiamo una situazione da affrontare adesso, l'azione sarà più chiara e efficace se nasce dalla consapevolezza del presente, che siamo qui e questo è.
La risposta potrà essere più incisiva se cerchiamo di fermare i troppi ragionamenti; è meglio attendere la soluzione nella calma, nell'osservazione senza giudizio di ciò che è, nell'intuito che in questo modo viene attivato.


Bibliografia: E. Tolle. J. Kabat-Zinn

mercoledì 8 febbraio 2012

Pregare per chiedere

"La preghiera non è un ozioso passatempo per vecchie signore. Propriamente compresa e applicata, è lo strumento d'azione più potente". Così diceva Gandhi.
 In generale, nella società in cui viviamo, abbiamo perso l'abitudine di rivolgerci a qualche entità sacra per chiedere aiuto per noi stessi o per altri, per farci guidare, o se lo facciamo, è per lo più una forma di superstizione e di sfogo, non ci crediamo veramente.
Man mano che si ridiventa consapevoli che possano esistere dimensioni diverse da quella fisica, recuperiamo il senso del chiedere, della preghiera personale.
Gesù diceva "Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Tutti coloro che cercano, troveranno. A tutti coloro che bussano verrà aperto."
Nel Vangelo di Matteo si dice che “se la tua fede è forte, puoi muovere una montagna”.
Thich Nhat. Hanh ci spiega che il Buddha ha insegnato che tutto è impermanente e che quindi tutto può cambiare, che ogni cosa segue la legge di causa ed effetto, perciò se si crea una nuova energia, quale quella della preghiera, si può dare inizio ad un nuovo stadio di vita. Che la stretta interconnessione tra creatore e creato fa sì che quella che si può chiamare “volontà di Dio” sia collegata alla nostra volontà e ci permette di modificare le azioni passate.
 T.N.H.  ci dice anche che possiamo renderci conto che siamo fatti della stessa sostanza di amore, consapevolezza e comprensione di tutti i grandi esseri. Che Dio e noi siamo della stessa sostanza.
Che quando il nostro cuore è pieno d’amore, generiamo più amore, pace e gioia nel mondo.
Che non basta però pregare con la bocca e con i pensieri, ma lo dobbiamo fare con il corpo, con la parola, con la mente e con la vita di tutti i giorni. E nel momento presente.
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...