Uno dei punti fondamentali della Bhagavad Gita è l’analisi dell’influenza dei desideri sulle azioni dell’uomo.
Nel verso 36 del terzo capitolo, Arjuna chiede a Krishna che cosa possa spingere un uomo a compiere il male, a volte anche contro la sua volontà, contro i suoi principi.
Krishna risponde che la forza che spesso ci domina è quella del desiderio, e la collera che influenza i nostri rapporti con gli altri nasce dalla rincorsa inappagabile dei desideri.
Jaya Row spiega che il desiderio è una strategia dell’intelletto per riempire la sensazione di vuoto che spesso è dentro di noi. Cerchiamo di acquisire cose del mondo per far sparire questo senso di incompletezza, anche se in realtà non siamo affatto vuoti, ma per qualche ragione non lo sappiamo.
Il problema è che quando riusciamo a raggiungere l’oggetto del desiderio, nascono l’avidità, l’invidia, l’arroganza; si desidera sempre di più, e come non si spegne il fuoco aggiungendo carburante, così il desiderio non si spegne con gli oggetti del desiderio.
L’unico modo per spegnere il senso di vuoto e di insoddisfazione, per fermare la rincorsa dei desideri, è alzare il livello dei desideri percepiti nel senso di passare da desideri tamasici a quelli sattvici, e limitarne il loro numero. Infatti, nel prossimo verso Krishna dice:
38. "Come il fuoco è coperto dal fumo, come uno specchio dalla polvere, come un embrione è avvolto dall'utero, così (la saggezza) è ricoperta dal desiderio (kama).
Possiamo distinguere tre tipi di desiderio, in relazione ai guna:
1) desideri tamasici – ad esempio, l' eccesso di cibo, di oggetti, di alcool, di droghe e tutto ciò che spegne l’energia vitale, che rende apatici e passivi
2) desideri rajasici – ad esempio i desideri dell’ego, la sete di potere, di ricchezza, di fama
3) desideri sattvici – ad esempio i desideri di autorealizzazione, di compiere il proprio dovere, di dedicarsi all’umanità
Questi ultimi sono gli unici che vanno incoraggiati; gli altri sono come “polvere sullo specchio” che impediscono alla saggezza di esprimersi. Quelli rajasici vanno affinati, controllati, limitati; quelli tamasici vanno eliminati, combattuti, cacciati.
Non è facile; un buon modo in generale per controllare qualcosa che disturba la nostra vita è “ritirarsi”, prendersi tempo, concentrarsi, non lasciarci disturbare dalle distrazioni, coltivare l’energia che serve per combattere, come quella che si raccoglie nella concentrazione, tirando la corda dell’arco prima di lanciare la freccia.
E soprattutto elevare il livello dei nostri desideri, aspirare all’alto, allo spirito; in questo modo i desideri della materia spariranno da soli.
Nel verso 36 del terzo capitolo, Arjuna chiede a Krishna che cosa possa spingere un uomo a compiere il male, a volte anche contro la sua volontà, contro i suoi principi.
Krishna risponde che la forza che spesso ci domina è quella del desiderio, e la collera che influenza i nostri rapporti con gli altri nasce dalla rincorsa inappagabile dei desideri.
Jaya Row spiega che il desiderio è una strategia dell’intelletto per riempire la sensazione di vuoto che spesso è dentro di noi. Cerchiamo di acquisire cose del mondo per far sparire questo senso di incompletezza, anche se in realtà non siamo affatto vuoti, ma per qualche ragione non lo sappiamo.
Il problema è che quando riusciamo a raggiungere l’oggetto del desiderio, nascono l’avidità, l’invidia, l’arroganza; si desidera sempre di più, e come non si spegne il fuoco aggiungendo carburante, così il desiderio non si spegne con gli oggetti del desiderio.
L’unico modo per spegnere il senso di vuoto e di insoddisfazione, per fermare la rincorsa dei desideri, è alzare il livello dei desideri percepiti nel senso di passare da desideri tamasici a quelli sattvici, e limitarne il loro numero. Infatti, nel prossimo verso Krishna dice:
38. "Come il fuoco è coperto dal fumo, come uno specchio dalla polvere, come un embrione è avvolto dall'utero, così (la saggezza) è ricoperta dal desiderio (kama).
Possiamo distinguere tre tipi di desiderio, in relazione ai guna:
1) desideri tamasici – ad esempio, l' eccesso di cibo, di oggetti, di alcool, di droghe e tutto ciò che spegne l’energia vitale, che rende apatici e passivi
2) desideri rajasici – ad esempio i desideri dell’ego, la sete di potere, di ricchezza, di fama
3) desideri sattvici – ad esempio i desideri di autorealizzazione, di compiere il proprio dovere, di dedicarsi all’umanità
Questi ultimi sono gli unici che vanno incoraggiati; gli altri sono come “polvere sullo specchio” che impediscono alla saggezza di esprimersi. Quelli rajasici vanno affinati, controllati, limitati; quelli tamasici vanno eliminati, combattuti, cacciati.
Non è facile; un buon modo in generale per controllare qualcosa che disturba la nostra vita è “ritirarsi”, prendersi tempo, concentrarsi, non lasciarci disturbare dalle distrazioni, coltivare l’energia che serve per combattere, come quella che si raccoglie nella concentrazione, tirando la corda dell’arco prima di lanciare la freccia.
E soprattutto elevare il livello dei nostri desideri, aspirare all’alto, allo spirito; in questo modo i desideri della materia spariranno da soli.