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venerdì 22 novembre 2013

Bhagavad Gita - manuale pratico di vita

Giacomo Bonaveglio, che il lunedì sera ci aiuta a conoscere questo antico testo, non è un mistico dalla lunga barba bianca, ma un ingegnere, mi pare molto ben radicato nella nostra società occidentale, seppure vicino all'India per nascita e per esperienza di vita.

Questo per dire che la BG è sì un testo sacro molto amato soprattutto in India , ma dà delle indicazioni pratiche di valenza universale che si adattano a qualunque tipo di cultura.

Come dicevo nel precedente post, la Bhagavad Gita è la narrazione in versi del lungo colloquio tra Arjuna, abile e coraggioso guerriero,che si abbatte nel momento in cui deve affrontare la sua più difficile battaglia ed  è incapace di usare le sue tante qualità e si rifiuta di lottare; e Krishna che gli trasmette la conoscenza dei principi e delle tecniche per recuperare il suo equilibrio interiore per affrontare il conflitto ed uscirne vittorioso.

E’ facile metterci al posto di Arjuna, nella dura battaglia della vita; gli ostacoli e le difficoltà ci permettono di crescere, e se seguiamo i consigli di Krishna su  come affrontarli, nulla ci potrà più spaventare, anzi, se lo sapremo fare, ci divertiremo "a cavalcare le onde".

Per prima cosa, nella BG viene spiegato chi siamo e come siamo fatti.

Il corpo: è la parte esteriore che percepisce gli stimoli e compie le azioni
La mente: attraverso il corpo, il cervello,  decodifica e reagisce agli impulsi,  è la sede delle  emozioni, dei sentimenti, dei desideri, crea pensiero, memoria.
L’intelletto: la capacità di discriminazione, di analisi, della razionalità
Lo spirito: è l’Atman, il nostro vero Sé.

Tutti e quattro gli elementi sono indispensabili, ovviamente, ma l'importante è metterli sempre tutti in ciò che facciamo e non rimanere solo a livello del corpo o, al massimo delle emozioni.

Riflettevo che per ogni nostra azione possiamo chiederci fino a quale livello siamo arrivati. 
Ad esempio, quando consumiamo un pasto: 
mangiamo per soddisfare il bisogno di nutrirci e basta - livello del corpo-;
possiamo mangiare qualcosa che ci ha preparato qualcuno che ci vuole bene - livello delle emozioni-;
mangiamo qualcosa che sappiamo che ci fa bene, coltivato senza veleni, senza danno per l'ambiente- livello dell'intelletto-; 
mangiamo in grande consapevolezza, ringraziando l'Universo per ciò che riceviamo e impegnandoci a realizzare" la via dell'Amore e della Compassione" -livello dello spirito-

Man mano che il livello sale, migliora la qualità di ciò che facciamo, tutto si arricchisce, assume più completezza.

Nel prossimo post vedremo a quali ambiti si possono applicare gli insegnamenti della Gita, prima di passare al testo vero e proprio.

Fonti: Video di Jaya Row, incontri con Giacomo Bonaveglio

lunedì 4 novembre 2013

La Bhagavad gita

Quest'anno, le serate del lunedì da Carla saranno dedicate allo studio della Bhagavad Gita; Giacomo Bonaveglio, con il supporto delle lezioni in video di Jaya Row, ci farà conoscere questo testo che Carla da tempo si raccomandava di leggere e studiare.
E' un testo considerato molto importante;  ho pensato che potesse essere utile condividere i miei appunti e approfondimenti con chi capiterà su questo blog.

La Bhagavad Gita è un testo le cui origini si fanno risalire al III secolo avanti Cristo.
I protagonisti dei 700 versi che compongono il poema, sono il guerriero Arjuna e l’avatar- cioè un uomo inviato direttamente dalla divinità- Krishna. L’episodio si inserisce nella complessa vicenda del Mahabarata, il vastissimo testo sacro degli indù che contiene gran parte del patrimonio mitologico indiano, dove la Gita si trova al centro, “ come la collana e il suo pendente”. Bello il film di Peter Brook dell’89, in cui Vittorio Mezzogiorno interpreta Arjuna.
Arjuna fa parte dei nobili Pandava, figli del re Pandu, che pretendono il diritto al trono e devono combattere contro i malvagi cugini Kaurava, che ugualmente pretendono il regno. 
Arjuna si trova a dover lottare e uccidere i propri parenti e amici che fanno parte della fazione opposta e, di fronte a questa prospettiva, si lascia prendere dallo sconforto e si rifiuta di combattere. Si affida ai consigli dell’amico Krishna che lo guida nel prendere le giuste decisioni.

Vengono narrati fatti avvenuti più di 5000 anni fa. Ma allora perché studiare oggi la Gita?
Perché viene considerato un manuale pratico e universale di vita che  può aiutare ad utilizzare meglio il nostro potenziale, ottenere maggiori energie e trovare l’ispirazione che è dentro di noi. Il contenuto è sempre attuale e può essere considerato come una vera e propria scienza; è valido per chiunque, a qualsiasi parte del mondo si appartenga.

Dalle mille vicende narrate nel Mahabarata, il vero protagonista può essere considerato  il Destino, la catena continua di causa ed effetto, le azioni e le loro conseguenze. Per evitare le guerre, il dolore, la sofferenza, è necessario imparare ad accettare le conseguenze degli atti già compiuti, e acquisire la conoscenza necessaria a combattere le tendenze negative dovute alle azioni della mente cieca (Kaurava) e risvegliare la forza dell’Anima, della Facoltà discriminativa (Pandava).
Si fa riferimento alla visione Vedica, in cui  l’uomo è costituito da:


                   1  -    Spirito – Atman, ciò che dà la vita
                   2  -    Intelletto – discernimento
                   3  -    Mente emozionale
                   4  -    Corpo

Tutti e quattro i livelli sono collegati. Lo spirito dà il senso, dà la bellezza; l’intelletto funziona finchè non entrano in gioco le emozioni. La mente cerca il piacere immediato, l’intelletto il piacere differito. L’emozione, l’ansia non permettono  di rendere al meglio (esami, gare, ecc).
 La Gita ci aiuta a rafforzare l’intelletto rispetto alle emozioni, ci porta alla conoscenza di noi stessi senza rinunciare alla vita di tutti i giorni, al risveglio di ciò che vi è di più profondo in tutti noi.


Fonti: Video di Jaya Row, incontri con Giacomo Bonaveglio

venerdì 1 novembre 2013

Prendere nota tre volte


Leggevo che "Prendere nota tre volte" è un metodo utilizzato nel buddismo per diventare completamente consapevoli delle pulsioni o emozioni che proviamo.
 Se si sente un moto di avidità,  di rabbia, di rifiuto, di forte attrazione, si deve prenderne nota tre volte, ripetere tre volte -rabbia, rabbia, rabbia- per esserne tre volte consapevoli.
Il discepolo continua a fare quello che stava facendo, ma quando si diventa consapevoli e si prende nota, quella cosa che ci aveva turbati scompare.
Prendere nota tre volte, crea una distanza tra noi e l'emozione: essa è là e noi siamo qua.
Il Buddha disse ai suoi discepoli di farlo per ogni cosa. In questo modo, anzichè reprimere i problemi, se ne diventa coscienti, e nell'essere coscienti e focalizzandosi su di essi, i problemi si dissolvono o si risolvono facilmente.



Da: La verità che cura di Osho - ed. Oscar Mondadori
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